Piccolo Fiore del Deserto - L'orto dei desideri

fantasy, sentimentale. - verde

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  1. Piccolo Fiore del Deserto
     
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    • Nick dell’autore: Piccolo Fiore del Deserto
    • Titolo: L’orto dei desideri
    • Tipologia: One-shot
    • Lunghezza: 2401 parole
    • Genere: Fantasy, sentimentale, mistero
    • Avvertimenti: one shot
    • Rating: verde
    • Credits: /
    • Note dell'autore: Leggendo il titolo del contest mi è subito sorta questa storia. Forse un po’ “strana”, ma spero che sia comprensibile e in qualche modo originale. Ammetto che è venuta fuori anche dal periodo che sto vivendo. C’è un bel po’ di Stella in me…
    • Introduzione alla storia: A volte occorre liberarsi da ombre opprimenti che non ci permettono di brillare di luce propria. Un luogo al confine della realtà dove solo i sognatori possono accedere. Un orto infinito dagli strani ortaggi d’argento, e uno strano contadino ad averne cura.


    L’orto dei desideri

    Il Tessitore di Sogni muoveva con eleganza le sue mani, le cui lunghe dita artigliate s’intrecciavano attorno a sottili filamenti argentati, creando trame di diversa sostanza e forma. La sua alta figura sostava immota in un angolo della serra, immerso in una solitudine e in un silenzio totali; solo le stelle e la luna osservavano con discreto interesse il suo operato, luminose sul manto vellutato del cielo.
    Occhi di un candore spettrale seguivano l’arte della creazione, con un’attenzione maniacale. Ombre sinuose giocavano con il suo corpo slanciato e smunto, quasi scheletrico.
    Le ore passavano con assoluta lentezza, quasi volessero consentirgli di adempiere al meglio il suo lavoro, ma il suo viso non aveva alcuna parvenza di tensione. Quieto e sereno, il Tessitore di Sogni continuava a lavorare, fino a quando le chiare luci di una nuova alba non lo avrebbero costretto a fermarsi.
    D’un tratto, però, una spessa nebbia scivolò lentamente sulla serra, come seta sul corpo. Un fruscio leggero, soffice come neve, e il buio fu leggermente rischiarato da quell’alone biancastro che limitava la visibilità, ma non per lui. Le sue labbra sottili s’incurvarono in un ambiguo sorriso, mentre il movimento sinuoso delle sue dita non cessava. Era come se ciò che stava accadendo non lo turbasse, come se fosse già perfettamente consapevole di ogni cosa.
    In fondo, era effettivamente così.
    Ogni notte venivano a trovarlo i Sognatori, individui di ogni genere, sesso ed età, che lasciavano il loro mondo reale per avvicinarsi a quello onirico e lui era lì, immobile, se non fosse per le mani in perenne movimento, ad attenderli, quieto e sereno.
    La nebbia si diradò, trasformandosi in tenui sbuffi di fumo che pian piano delinearono le forme di persone. C'erano giovani dagli occhi luminosi, ragazze dal dolce sorriso, bambini che spalancavano occhi e bocche, sorpresi e incantanti da un mondo che forse appariva loro come un paese dei balocchi dove perdersi e giocare con la loro solita allegria, spensieratezza e quel tocco di deliziosa fantasia che solo con il tempo avrebbero probabilmente perso. C'erano anche anziane dalle rughe accentuate, segni del tempo che scorre, di sorrisi e apprensione, che sfioravano l’aria al di sopra di quelle piante argentate che il Tessitore di Sogni aveva piantato nel suo orto particolare. Non si leggeva confusione, né stupore nei loro occhi, come se per loro quello fosse un luogo familiare, dove rintanarsi ogni volta che i loro stanchi occhi saggi avevano bisogno di riposare.
    Eppure, tra quella moltitudine di persone presenti in quell’orto all’apparenza infinito, comparve una figura come ammantata di tenebra. Si confondeva con la notte, se non fosse per quel sottile filamento di nebbia che ancora tracciava i suoi contorni e per grandi occhi castani, che sembravano però coperti da un velo candido, facendoli apparire vacui e spenti. Sembrava come un fantasma fatto di ombre, che restava immobile e silenziosa a guardare gli altri, con distanza, come se non fosse neanche consapevole lei stessa di ciò che stava facendo, né se ne curasse realmente.
    Il Tessitore di Sogni interruppe i suoi movimenti solo quando i sottili filamenti presero la consistenza di un cavolfiore, interamente argentato, e illuminato dalla luce soffusa della luna che sembrava instillare in esso la vita. Lo posò con cura sulla terra, in uno spazio vuoto destinato all’ortaggio, e poi socchiuse appena gli occhi. Per un attimo sembrò scomparire nelle tenebre, mentre le voci dei suoi ospiti si facevano sempre più concitate: risate trillanti di bambini, sorrisi di fanciulle, sarcasmo di baldi giovani e tenui sussurri di anziane signore. In tanti erano presenti nel medesimo luogo, ma ognuno sembrava badare a sé, ai suoi pensieri, al proprio sogno.
    Quando riaprì gli occhi, la luce irradiò più acutamente l’orto e tutti sembrarono fermarsi all’unisono. La figura scura e solitaria si voltò lentamente verso di lui.
    Il Tessitore di Sogni si avvicinò a un’anziana signora, con il volto colmo di rughe, segni indelebili del tempo trascorso, delle gioie e dei dolori, e di ogni più intenso sentimento. Le sfiorò appena la guancia destra, e lei sembrò riconoscerlo, rivolgendogli un dolce sorriso e due occhi nei quali le stelle sembravano essersi posate.
        «Sei tornata, Elizabeth», mormorò.
    L’anziana annuì leggermente con il capo e poi le sue labbra sottili si mossero.
        «Un altro sogno, un altro desiderio nel cuore, mio custode».
    Il Tessitore di Sogni la guardò, reclinando la testa di lato, e soppesò i suoi pensieri per diversi istanti, prima di elargire un radioso sorriso. Si allontanò dalla donna e con una certa sicurezza, dettata dall’aver creato lui stesso quell’immenso orto, si chinò e, con un leggero quanto accurato atto, trasse a sé un ortaggio argentato della forma di una cipolla e, tornando da lei, lo depositò tra le mani raggrinzite, e l’anziana trasse un sospiro. I suoi occhi chiari indugiarono sul dono, che sfiorava leggermente, poi rimase in attesa e con lei tutto il resto dei sognatori. Tutto durò un solo istante, che però parve eterno, poi il Tessitore di Sogni soffiò sull’ortaggio e uno spesso strato di pulviscolo bianco, simile a nebbia, sembrò avvilupparlo. L’anziana rimase assolutamente concentrata su quel dono, e le sue mani – seppur soggette a un leggero tremolio – vi si ancorarono con più forza.
        «Sai cosa fare, Lizzie», le sussurrò.
    Lei chiuse gli occhi e la sua fronte si aggrottò come se fosse particolarmente concentrata su pensieri che non potevano essere palesati agli altri, muti spettatori di un qualcosa che restava ancora sospeso.
    Poi, il silenzio totale fu interrotto da esclamazioni di stupore e meraviglia, quando l’argenteo ortaggio si aprì e da esso si sprigionò un’intensa luce rossastra che illuminò il suo volto, dando risalto ai suoi occhi nei quali sembravano brillare lacrime simili a piccoli cristalli e un sorriso luminoso come il sole.
    Nessuno riuscì a scorgere cosa vi fosse oltre quella luce, cosa quegli occhi chiari come un cielo primaverile vedessero e il motivo che le provocava quell’intensa emozione: il Tessitore di Sogni ascoltava i cuori dei sognatori, creava i loro desideri e li rendeva reali, almeno in quel luogo magico sospeso tra realtà e mondo onirico, ma in cuor suo era consapevole che l’esito di quel sogno poteva comportare un miglior risveglio per il dormiente.

    Dopo che Elizabeth ebbe ricevuto il suo dono, il Tessitore di Sogni si avvicinò a ognuno degli altri presenti, accontentando dapprima i bambini curiosi e poi via via gli altri, fino a bloccarsi dinanzi alla figura muta, isolata e scura come le tenebre che avviluppavano il luogo.
    Ella restava al suo posto, e sul suo viso – visibile solo ai candidi occhi del proprietario dell’orto – non si scorgeva sentimento alcuno.
    Lui la guardò e cercò di scrutare nei suoi pensieri, ma trovò solo un cuore racchiuso in uno scrigno di ghiaccio, impossibile da scolpire. Allungò le sue dita artigliate verso di lei, sfiorandole appena i lunghi capelli che si confondevano con le tenebre, ma lei non mosse ciglio. Non c’era alcuna reazione.
        «Non resteranno a lungo le tenebre, fanciulla. Presto la luce del sole schiarirà la tua mente, si poserà sui tuoi occhi addormentati e un nuovo giorno avrà inizio allontanandoti da questo luogo».
    Quella che ai suoi occhi aguzzi parve una fanciulla sollevò leggermente il suo sguardo su di lui: legno contro neve, ma un alone persistente non riusciva a far emergere la luce, lo scintillio che spicca negli occhi di chi prova emozioni.
        «Un caso difficile si presenta per il Tessitore di Sogni, ma niente è impossibile al suo orecchio attento e ai suoi occhi di neve. Ascolto i battiti del tuo cuore, seppur nascosto dietro un ghiaccio spesso e resistente, e so quale dono fare a colei che sentimenti non vuole più provare, o forse non trova più il motivo giusto per sognare, per scegliere il suo desiderio più puro».
    Non attese risposta, perché consapevole che parola alcuna sarebbe uscita dalle sue labbra. Si spostò con velocità sorprendente tra i filari del suo orto e, tra il baluginio soffuso della luna e gli occhiolini maliziosi delle stelle, gli ortaggi riposavano sul terreno bagnato da una miriade di piccolissimi granelli di nebbia. Sembrò analizzare con assoluta attenzione i frutti del suo lavoro, ne sollevò uno ma poco dopo lo adagiò di nuovo perfettamente nel medesimo posto.
    Poi, sollevò il capo come colto da un’idea illuminante e improvvisa. Le sue labbra si distesero in un larghissimo sorriso compiaciuto, mentre le sue dita artigliate schioccarono tra di loro in un cozzar subitaneo.
    Con ampi balzi che smossero le ombre intorno a sé, raggiunse il centro dell’orto e si chinò a terra, lasciando sprofondare le mani sul terriccio umido. Sollevò verso l’alto il suo dono, permettendo alla luna di sfiorarlo con il suo candore e poi tornò dalla giovane.
    Le prese le mani, e lei lo lasciò fare come se non le importasse di nulla, e poi vi adagiò all’interno l’ortaggio, simile a lattuga, e strinse i suoi palmi, impedendole di farla cadere.
        «Socchiudi i tuoi occhi fanciulla e concentrati sul tuo più grande desiderio. Non bloccare i tuoi pensieri, riscalda il tuo cuore, sii coraggiosa».
    La fanciulla lo guardò, ma per qualche istante non sembrò seguire le sue parole. Poi un sospiro sgusciò dalle sue labbra, condensandosi nell’aria, come se d’un tratto il gelo avesse avvolto il luogo. Socchiuse, quindi, gli occhi e cercò di concentrarsi, ma non era facile per lei. Aveva paura dei suoi pensieri, di tristi ricordi che potessero di nuovo ferire il suo cuore, scalfire la barriera che con il tempo aveva costruito e distruggerlo in mille pezzi. Lei non lo avrebbe sopportato ancora. Sarebbe morta o, ancor peggio, anche nella realtà sarebbe divenuta quel pallido fantasma dagli occhi vacui e spenti che mai parlava, mai reagiva, ma si lasciava portare avanti dalla corrente e dallo scorrere degli eventi, come un essere passivo, privo di azione, di coraggio e di volontà.
    Il Tessitore di Sogni non allontanò le sue mani da quelle della fanciulla, le strinse leggermente, come volendo infonderle un maggior calore, una speranza che in lei sembrava essere del tutto scomparsa.
    Quando la sentì tremare al suo tocco, le disse:
        «Ora apri gli occhi e guarda il mio dono».
    La fanciulla strizzò gli occhi con forza e fu sul punto di gridare, ma quella forza che la sorreggeva, le permise di non cedere, di non cadere. Aprì lentamente i suoi occhi, e il legno fu d’un tratto illuminato da una luce intensa, che la spinse a chiuderli di nuovo per paura di esserne accecata.
        «Apri i tuoi occhi».
    Di nuovo quel sussurro, come un ordine dal profumo gentile.
    Tornò a riaprirli e la luce, seppur sempre della medesima intensità, non sembrò ferirla minimamente. A una migliore attenzione, comprese che proveniva da una piccola sfera, simile a una minuscola stella che, discesa dal cielo, aveva deciso di trovare dimora in quello scrigno particolare: un sogno dorato racchiuso da una cortina d’argento. Solo a quel punto il Tessitore di Sogni lasciò la presa e la fanciulla fu completamente rischiarata da quella luce e su di lei qualcosa mutò: le ombre, che l’avvolgevano come un manto, scivolarono da lei e si poterono scorgere i lineamenti del suo corpo snello e del suo volto delicato. I suoi capelli non si confusero più con le tenebre, ma erano luminosi come spighe di grano maturo. Le sue morbide labbra si aprirono, meravigliate da ciò che stava accadendo, e poi si distesero in un lieve sorriso, che aveva ancora la parvenza di uno sforzo doloroso. La luce della piccolissima stella le sfiorò con delicatezza ogni centimetro del suo corpo, e sembrò introdursi pian piano in lei. La fanciulla inclinò la schiena all’indietro, mentre l’involucro luminoso combaciò perfettamente a sé, e si unirono come una cosa sola e, come le stelle, anche lei brillò di luce propria e quel calore riuscì a infrangere la barriera del suo cuore, sciogliendosi come neve.
    La risata trillante del Tessitore di Sogni risuonò nell’orto inondato di una nuova intensa luce, che scaturiva dalla fanciulla, e poi disse:
        «Avevi perso ogni motivo per sognare, ma la verità è che il sogno vive dentro di te. Tu sei la vera Stella, il tuo vero, unico, desiderio. Non è negli altri che troverai conforto, ma solo gioie che possono rivelarsi passeggere e tramutare in cocenti delusioni che dilaniano il tuo cuore e ti spingono a proteggerlo con uno spesso strato di ghiaccio. Tu devi conoscere te stessa, proteggere quella piccola luce nascosta in te, quella bambina impaurita dal mondo, e brillare  - come una vera stella - di luce propria».
    Si fermò un solo istante, mentre i suoi occhi pallidi indugiarono su di lei e le sue dita sfiorarono i suoi capelli luminosi. Ne aspirò il profumo, come deliziato da ciò che la sua arte aveva creato, e poi aggiunse:
        «Stella, la vita non è facile. Sei solita perderti nei sogni e, quando ti ritrovi a cozzare nella realtà, spesso ti fai del male. Ho riconosciuto il tuo dolore, c’era delusione, disincanto e la speranza era svanita. Ma ora ripartirai da te e, un passo dopo l’altro, riuscirai realmente a brillare come l’astro di cui porti il nome».
    La fanciulla annuì e nei suoi occhi – dove la patina era svanita – comparvero piccole gocce d’acqua, lacrime silenziose che rimasero sospese qualche istante tra le sue bionde ciglia, prima di cadere, infrangendosi nel terreno umido. Una fu intrappolata tra le dita del Tessitore di Sogni che la portò alle labbra, e sorrise.
        «Lacrime di gioia, coraggio e rinnovata speranza. Le più sublimi», commentò, e poi avviluppò Stella tra le sue braccia e fu un incontro di luce e ombra che collimavano perfettamente.
    Stella rimase in quell’abbraccio fino a che le luci di una nuova alba non rischiararono il mondo, dividendo il confine tra i due mondi, e posandosi sui suoi occhi addormentati. Sbatté le palpebre un paio di volte e quando finalmente riuscì a svegliarsi del tutto, il suo volto era illuminato da un grande sorriso e nel suo cuore c’era la volontà di ripartire da capo, un giorno dopo l’altro, un piccolo passo alla volta.
    Nell’orto dei desideri, invece, il Tessitore di Sogni rimase ancora un poco a stringere a sé l’immagine svanita di quella fanciulla che aveva ritrovato la capacità di sognare, sperare e desiderare. Poi l’oscurità tornò e il suo lavoro riprese da dove era iniziato. Il giorno sarebbe volato velocemente nel mondo reale, e la notte avrebbe portato con sé nuovi sognatori da confortare, aiutare, o semplicemente guidare nel mondo dei Sogni.
     
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