La casa vuota

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  1. Eylis
     
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    La casa vuota




    I cardini stridono leggermente quando l’uomo, poggiando la mano sulla maniglia, spinge la porta verso l’interno. Lo fa con deferenza, con cautela, timoroso che il legno possa sbriciolarsi sulle sue stesse dita. Ed a ragione prova questo timore.
    Silenziosamente oltrepassa la soglia trovandosi in un atrio scuro, avvolto da quell’acro odore che ancora non ha lasciato quel luogo ormai dimenticato da tutti. Quasi, da tutti, perché l’uomo non ha dimenticato. Non può dimenticare.
    Scansando alcuni oggetti trascurati a terra si incammina sulle scale che scricchiolano tremebonde sotto il suo peso, la sua mano percorre delicata il corrimano un tempo levigato, ricorda quanto tempo vi aveva dedicato per lucidarlo con cura. Ma la sua destinazione è un’altra.
    Sono trascorsi sette lunghi anni da quando ha lasciato quella casa per non più tornarvi, da quel giorno d’inferno che l’ha portato via da quel luogo che tanto ha amato. Eppure nella sua memoria sono impresse indelebili le immagini della sua vita lì, e se non fosse per i mobili rovinati al suolo ed il pavimento molto indebolito potrebbe percorrere il corridoio che lo separa da quella porta ad occhi chiusi.
    Finalmente vi giunge, e prima di oltrepassarla poggia la mano sul legno annerito. Il disegno delle sue dita si mescola a quello lasciato dalle lingue scure di fumo, che quel giorno avevano oltrepassato lo spesso materiale rovinandolo anche all’esterno. Ed infine entra nella camera, sentendosi soffocare per l’aria greve e densa. La finestra non è molto distante, ma è impossibile avvicinarvisi, il pavimento è crollato. Tutto ciò che può fare è sedersi lì, sull’uscio, scaraventando via la tentazione di sedersi a penzoloni sul bordo di quel buco nero che un tempo era coperto da assi pregiate.
    Dai vetri entra una luce rossastra, segno che il tramonto è ormai alle porte, e quei riflessi lo costringono a chiudere gli occhi. Non è più capace di sopportare oltre, vuole solo… ricordare.
     
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  2. empty…fabio
     
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    Non è facile, e non lo è stato per sette anni: quel luogo sempre impresso nella memoria, ma inaccessibile. Sette anni per trovare la forza, il coraggio per percorrere il viale e addentrarsi nuovamente tra i ricordi più intimi e meravigliosi. Polvere in un istante e anneriti come un vetro ricoperto dal dolore, i sogni sono svaniti e seppelliti in quelle fondamenta.
    Guarda la bottiglia dal liquido ambrato, che mai più era riuscito a goderne dei suoi fumi per via dei ricordi tramutati in incubi. Tutta la sua meravigliosa vita era ruotata attorno a… un mucchio di mobili anneriti e porte traballanti che si erigevano su un pavimento timoroso della propria ombra.
    Aveva scelto il tramonto come fine dei brutti ricordi per attendere l’alba di una nuova vita, ma quel rosso era tremendamente simile alle fiamme che gli avevano portato via la vita. Sette anni spesi in autoanalisi, critiche distruttive, depressioni mai completamente superate per poi ritornare nella tana del male: laddove si erano originati tutti i dispiaceri dell’anima. Quel buco nero dinnanzi agli occhi continua a risucchiare tutti i pensieri positivi e con loro anche la sua amata. Perché non buttarsi e farla finita? Quel coraggio l’avrebbe avuto sette anni addietro; ora codardo, troppo attaccato a quella infima vita per gettarsi.
    Prende la bottiglia, la lancia in quel buco senza fondo.
    “brindo a te o mia vita”

    Apportate alcune modifiche (minime) per il cambio di tempo verbale alla fine

    Edited by Eylis - 29/11/2011, 21:39
     
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  3. f®ozen
     
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    L'eco che il nero baratro gli restituisce è inusuale, troppo acuto. Troppo strano. Come se la bottiglia si sia infranta su altro vetro...
    C'era qualcosa là sotto.
    L'uomo si alzi in piedi ammutolito, dubbioso. I raggi del sole morente a quel punto entrano ancor più nella stanza, colorando le sue pareti della stessa tonalità che avevano preso quel giorno; uno specchio rotto, rimasto in un angolo della stanza, riflette pochi raggi verso l'oscurità.
    Vede distintamente un luccichio, più in basso, ancora oltre il pavimento altrettanto bruciato della stanza al pianterreno. Da subito capisce che non era stata la sua immaginazione a farglielo vedere. Tremando un po' si alza in piedi, attento a non far scricchiolare di più le assi di quel pavimento vecchio e deturpato dalle fiamme; indietreggia lanciando un'ultima occhiata al pozzo nero, poi esce dalla stanza e scende le scale. Invece di uscire dalla casa e prendere la via del ritorno, però, si ferma e gira alla sua sinistra.
    Ricorda distintamente che costruendo quella casa aveva creato anche un piano sotterraneo, usato poco e male in passato. Profondo, buio, umido: così era e così si presenta quest'ultimo quando facendo le nuove scale, traballanti e bruciacchiate verso l'esterno, vi arriva.


    Attenzione al cambio del tempo verbale e alle ambientazioni! Apportate alcune modifiche per rendere lo stile e la storia coerenti

    Edited by Eylis - 29/11/2011, 21:44
     
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    The Idiotic Boss

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    Muove qualche passo alla cieca, inciampando su un ostacolo che non dovrebbe esserci. Appena i suoi occhi si abituano all'oscurità della stanza sotterranea, si accorge dei detriti che ricoprono il pavimento: assi di legno carbonizzate, mattoni, piastrelle... il pavimento della stanza al primo piano è crollato assieme a quello della saletta sottostante, finendo nella cantina buia. Così buia, che nemmeno un filo di luce giunge dallo squarcio sul soffitto.
    Solo quel sottile, tenue raggio di sole morente colpisce la coltre d'oscurità, restituendo improbabili riflessi vitrei.
    L'uomo allora si avvicina al bagliore, arrampicandosi sui rimasugli della sua vita passata, per capire cosa possa essere. Ritrova la sua bottiglia ancora integra. Il rumore di vetro frantumato è stato causato da ciò che la bottiglia ha colpito: una vecchia fotografia.
    L'uomo si china a recuperarla, scostando i pezzi della cornice. La osserva quasi con reverenza, con malinconia. Con dolore.
    Una donna bionda ricambia il suo sguardo perso con un sorriso.
    "Alistair!"
    Scuote la testa per scacciare l'eco che lo tormenta. Vuole dimenticare il dolce suono che il suo nome acquistava quando pronunciato dalla sua voce. Vuole evitare di ricadere in quel baratro di disperazione che conosce ormai così bene.
    Il suo sguardo rimane però incollato all'immagine della sua amata, incapace di abbandonarne la figura. E poi lo nota.
    L'angolo di una busta nascosto dietro la fotografia, scampata all'incendio quasi per miracolo. La esamina per un istante, senza capire cosa sia, o chi l'abbia messa lì. Decide di aprirla, per capire di cosa si tratta. Ma un rumore, dal piano di sopra, lo interrompe.
    Rimane in attesa, come per confermare che il suo udito non gli stia giocando di nuovo degli scherzi, come spesso accade. Ma non stavolta.
    Al secondo rumore, infila in tasca la lettera, e si avvia su per le scale facendo più attenzione possibile a non provocare degli scricchiolii. Arriva alla porta e si blocca. Sente delle voci.
    Non è solo.
     
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3 replies since 2/7/2011, 12:53   148 views
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